Istituto italiano di studi germanici
Tipologia Fondo
Data cronica
- 1930-2010
- Note
- con documenti fino al 2018
Tipologia
- Fondo
Numerazione
- Numero definitivo
- 1
Contenuto
- La documentazione del fondo dell'Istituto di studi germanici appare certamente esigua rispetto alla sua lunga storia. Del primo periodo, riguardante la poliedrica direzione di Giuseppe Gabetti, sotto la presidenza di Giovanni Gentile prima e Pietro De Francisci poi, rimangono poche carte, riguardanti principalmente: atti fondativi e riforme statutarie, l'Accordo culturale italo-germanico e una parte di corrispondenza concentrata principalmente nei primi anni '30.
Appare purtroppo completamente mancante qualsiasi forma di carteggio o testimonianza del lavoro dei numerosi collaboratori dell'Istituto, come Carlo Antoni, che vi lavorò come bibliotecario durante gli anni '30. Non vi è inoltre traccia di documentazione durante la direzione di Rodolfo Bottacchiari e rimane un'esigua testimonianza della direzione di Bonaventura Tecchi, principalmente nei verbali di redazione di «Studi germanici» e nella corrispondenza con Mondadori per la stesura dei due vocabolari Italiano-tedesco e Tedesco-italiano, i cui accordi risalgono a Giuseppe Gabetti. Tuttavia, è nelle carte risalenti al successore di Tecchi, il traduttore e germanista Paolo Chiarini, che si trovano alcune tracce in grado di poter spiegare in parte la dispersione delle carte d'archivio e l'esiguità del fondo istituzionale.
Nel fascicolo "Collettivo di lavoro dell'Istituto italiano di studi germanici" del 1969 (Serie 4, Sottoserie 2, Sottosottoserie 3, fascicolo 77), Paolo Chiarini è diventato direttore da un anno e scrive un promemoria sullo stato dell'arte dell'Istituto e su eventuali provvedimenti in grado di gettare una luce sullo stato dell'archivio: "Lo stato caotico della segreteria non pare essere un male nuovo per l'Istituto e sembra dover essere imputato a una iniziale deleteria confusione tra il concetto di attività culturale e quello di ordine amministrativo, aggravato, poi, col passare degli anni, dalla inesperienza degli addetti a questo genere di lavoro. Il lavoro di ricomposizione delle tessere che avrebbero dovuto dare un quadro completo delle attività dell'Istituto ha richiesto mesi di ricerche di spoglio di una corrispondenza ammucchiata senza nessi di alcun genere, a conclusione delle quali, sono state recuperate solo tracce sparse di attività o corrispondenza raccolte, con ordine cronologico, in appositi contenitori."
Inoltre aggiunge: "Le corrispondenze private dei vari collaboratori dell'Istituto sono state pietosamente raccolte e inviate ai familiari. Non si ritiene di doverle ulteriormente trattenere in Istituto dato il carattere strettamente personale".
Purtroppo non vi sono aggiunte né chiarimenti sull'identità dei collaboratori né sulla quantità del materiale che potrebbe aver depauperato in modo significativo il fondo dell'Istituto, la cui esigua consistenza viene confermata dallo stesso Chiarini in una mail del 17 gennaio 2008.
In risposta ad uno studioso che chiedeva se in Istituto risiedesse parte del carteggio tra Luigi Scaravelli e Carlo Antoni, Chiarini rispondeva: "L'archivio dell'Istituto, praticamente, non esiste" e aggiungendo "Conservo in un cassetto alcuni faldoni di corrispondenza che ho solo in parte scrutinato (è in cantiere finalmente un progetto di riordinamento".
Tale nota consente di ravvisare quindi un intervento diretto da parte di Chiarini, la cui entità non è però documentata e si è probabilmente confusa nei successivi tentativi di riordino delle carte.
Nonostante la presa di coscienza del 1969, la situazione delle carte non sembra però migliorare.
Il documento infatti poneva delle basi per una migliore gestione dei documenti dell'Istituto, "si è inaugurato un archivio vero e proprio con protocolli rigidamente legati ai vari settori di attività dell'Istituto" aggiungendo anche che "Al servizio di archivio è stato preposto l'archivista dell'Istituto il quale finalmente ha potuto cominciare a lavorare secondo la propria qualifica".
Tuttavia, ad esclusione della corrispondenza riguardante la rivista e in parte della biblioteca, le carte sono giunte in stato di forte disordine e molto lacunose senza che vi fosse la possibilità di intuirne l'ordine e la ratio primigenie.
Si sono conservati alcuni registri di protocollo e un numero relativamente esiguo di documenti, concentrati principalmente tra il 2004 e il 2009, quando, probabilmente a opera di Chiarini stesso, vengono stampate le numerose mail pervenute alla sua casella mail come direttore dell'Istituto, dando così la possibilità di tracciare, seppur in extremis, un quadro sulla varietà rapporti tenuti in qualità di direttore.
La maggior parte delle restanti carte del fondo afferiscono l'attività scientifica dell'Istituto, sebbene, anche in questo caso con ampie lacune: vi è infatti materiale, (corrispondenza, interventi e atti) inerente l'organizzazione di alcuni dei numerosi convegni organizzati dall'Istituto, testimoniati anche dalla rassegna stampa superstite, mentre appare quasi del tutto mancante la documentazione sull'attività editoriale e di collaborazione con università per l'organizzazione di corsi post-lauream e di specializzazione.
Particolarmente ricca è invece anche la corrispondenza della rivista «Studi germanici» tra gli anni 1977 e 2003, giunta protocollata e ordinata e di cui sopravvivono anche alcuni registri di protocollo. Dell'attività redazionale sopravvivono alcuni verbali di redazione a partire dal 1966 fino al 1983, e sono presenti bozze di articoli e articoli inviati spontaneamente da studiosi desiderosi di collaborare.
La biblioteca invece non risulta avere una gestione autonoma e la documentazione del primo periodo di vita dell'Istituto riguarda in particolar modo l'attività di prestito, con la presenza di numerose schede di prestito in ordine alfabetico per richiedente, e documentazione inerente il prestito verso e da parte altre istituzioni.
Sono presenti anche varie tipologie di registri e dal 1973 e il 1983 è ravvisabile della corrispondenza specificatamente d'ufficio.
Scarsa è la presenza di materiale fotografico in grado di testimoniare la vita dell'Istituto: la parte più consistente è rappresentata da alcuni album riguardanti alcuni eventi dell'ultima parte della direzione Chiarini. Fanno eccezione alcune foto dell'inaugurazione dell'Istituto nel 1932 e del primo congresso di germanistica nel 1955.
Per quel che riguarda l'area amministrativa e di contabilità, la documentazione pervenuta riguarda principalmente i registri dei revisori dei conti e alcune relazioni consuntive e preventive.
In, conclusione, in considerazione della longevità dell'Istituto di studi germanici e della sua ricca e peculiare storia, i documenti conservati presso il fondo si presentano in numero esiguo e purtroppo lacunoso.
Tuttavia, uno studio dei fondi coevi di Giuseppe Gabetti (donato in tre tranche, tra il 2016 e il 2019) e Paolo Chiarini (parte residuale rimasta in carico all'Istituto dai tempi della sua direzione), può in parte consentire un ampliamento della visione storica dell'Istituto.
Consistenza rilevata
- Quantità
- 32
- Tipologia
- registro/i
- Quantità
- 243
- Tipologia
- fascicolo/i
- Consistenza (testo libero)
- il fondo è contenuto in 55 buste (per un totale di circa 8,5 metri lineari)
Storia archivistica
- L'Istituto di studi germanici nasce nel 1931 allo scopo di promuovere in Italia studi e ricerche sulla vita spirituale, sociale, politica ed economica dei paesi germanici.
La sua creazione si deve a un'intuizione di Konrad Adenauer, ai tempi borgomastro di Colonia, i cui frequenti contatti con l'Italia e il Vaticano culminarono con l'idea di un "Deutsch-Italienisch kulturinstitut". Sin dall'inizio il progetto prevedeva la costituzione di due istituti gemelli a Colonia e a Roma, gestiti assieme dall'Italia e dalla Germania, cosa che in effetti avvenne per la Petrarca-Haus di Colonia, ma non per l'Istituto di studi germanici che rimase sempre esclusivamente italiano.
Il 26 marzo del 1931 viene promulgato un r.d.l. sulla "Fondazione di un Istituto italiano di studi germanici in Roma e di un Istituto italo-germanico a Colonia". All'art. 2 si decreta che il direttore dell'istituto è il titolare della cattedra di letteratura tedesca della regia università di Roma, all'epoca Giuseppe Gabetti, mentre il presidente coincide con il presidente dell'Istituto nazionale fascista di cultura, in quel tempo Giovanni Gentile. L'istituto viene quindi inaugurato il 3 aprile del 1932, alla presenza di Benito Mussolini, durante le celebrazioni per il centenario della nascita di Goethe.
Sin da subito la sede prescelta è Villa Sciarra Wurts, donata il 22 marzo 1930 allo stato italiano da Henriette Tower-Wurts, vedova del diplomatico americano George Washington Wurts.
Sotto la guida del primo direttore, il germanista piemontese Giuseppe Gabetti, l'Istituto vive una stagione florida pur nelle difficoltà dovute al complesso clima politico e al periodo storico, e riuscirà a continuare le sue attività durante il periodo bellico, evitando la confisca da parte del governo alleato.
L'Istituto si dona, sin dalla nascita, di un'importante biblioteca di germanistica a partire da un primo nucleo di 20.000 volumi appartenuti a Max Koch, professore a Breslau e Marburg, scomparso nel 1931, del quale in archivio è presente un piccolo nucleo documentario.
In seguito vedrà accrescere fortemente il suo patrimonio, grazie ad acquisti, donazioni istituzionali, come quella del governo collaborazionista norvegese, e personali, come nel caso dei germanisti Francesco Delbono ed Enrico Rocca. Qui confluirà anche la biblioteca della Petrarca-Haus di Colonia, scomparsa a seguito degli eventi bellici.
Le attività dell'Istituto vengono sin da subito esplicitate nello statuto promulgato con r.d. del 26 ottobre 1933 n. 1621.
a) “pubblicazione di una ‘rivista’; di monografie sovra argomenti che interessano la storia e la cultura germanica; di una collezione scolastica per l’insegnamento delle lingue e delle letterature germaniche; di una collana di traduzioni;
b) organizzazione di letture, conferenze, conversazioni, concerti, esposizioni, congressi e in genere di tutte quelle manifestazioni culturali e artistiche che si riferiscono alla vita dei popoli germanici e ai loro rapporti con l’Italia;
c) istituzione di speciali corsi di lezioni ed esercitazioni con lo scopo di offrire agli studiosi la possibilità di perfezionarsi e specializzarsi né vari rami degli studi germanici;
d) concessione di assegni e borse di studio per italiani che si rechino nei paesi germanici per compiervi studi o ricerche comprese nel programma dell’attività dell’Istituto”.
Tutte le attività verranno sostanzialmente rispettate come si evince, in particolar modo, dal carteggio professionale e personale di Giuseppe Gabetti che, instancabilmente, incoraggerà un forte scambio culturale tra le nazioni grazie anche alla forte mobilità degli studenti, dei lettori e degli studiosi.
Del 1935 è invece la creazione della rivista «Studi germanici», la cui pubblicazione, interrotta nel 1944, riprenderà nel 1963 e continua ancora oggi.
Sempre al periodo della direzione Gabetti, risale anche l'Accordo culturale italo-germanico con cui Italia e Germania si impegnano "al mantenimento e al funzionamento degli Enti culturali e scientifici, creati di reciproco accordo per diffondere con gli studi e con l'insegnamento, la conoscenza dell'altro Paese e della sua cultura".
Il peso dell'Istituto viene inoltre riconosciuto in alcuni particolari frangenti di diplomazia culturale come l'assegnazione del Nobel a Luigi Pirandello per il quale Giuseppe Gabetti si adoperò in prima persona compiendo un ciclo di conferenze del nord dell'Europa.
In questi anni, pur complessi, sono molte le grandi figure che gravitano attorno all'Istituto e al suo direttore: Delio Cantinori, Ladislao Mittner, Carlo Antoni, Luigi Scaravelli, Franco Valsecchi, Federico Chabod, Giulio Carlo Argan, solo per citarne alcuni. Senza dimenticare Arturo Farinelli, il germanista professore di Giuseppe Gabetti, inviato a Colonia a presiedere la Petrarca-Haus.
Gli anni del dopoguerra si rivelano invece difficili. Nel 1948 muore improvvisamente Giuseppe Gabetti, intento a portare avanti il progetto per due vocabolari di Italiano-Tedesco e Tedesco-Italiano, frutto di un accordo tra Mondadori e l'Istituto. Dei suoi carteggi come direttore d'Istituto permangono poche carte, ma è tuttavia possibile risalire al milieu culturale e politico dell'Istituto attraverso il carteggio presente nel suo fondo personale. Come accade spesso a figure poliedriche, i confini di Giuseppe Gabetti come direttore, professore e vero e proprio personaggio culturale, sono labili e la comprensione del ruolo e della nascita dell'Istituto passa anche dallo studio della sua figura.
Suo successore, dal 1948 al 1953, è Rodolfo Bottacchiari, del quale purtroppo non permangono lettere e documenti in Istituto. Dal 1954 al 1968, anno in cui muore, è invece direttore l'accademico Bonaventura Tecchi, di cui rimane qualche traccia nella corrispondenza editoriale e nei verbali di redazione rivista, ma il cui carteggio come direttore non è a noi pervenuto.
Sotto la sua guida, riprende la pubblicazione di «Studi germanici» nonché l'attività culturale dell'Istituto, come testimoniato dal primo congresso di germanistica del 1955 e la stesura del Repertorio bibliografico della germanistica italiana.
Bonaventura Tecchi inaugura inoltre la stagione dei commissari governativi straordinari, istituiti a partire dal dpr del 12 feb. 1968 e perdurati fino alla trasformazione dell'Istituto in ente pubblico di ricerca nel 2006.
Dal 1969 Paolo Chiarini, germanista e traduttore, diventerà il nuovo direttore, carica che ricoprirà fino al 2006.
Sotto la sua direzione, l'Istituto continuerà la pubblicazione di «Studi germanici» e intensificherà la produzione editoriale, sebbene dalle carte si evinca come spesso la gestazione dei testi si riveli particolarmente lunga e difficoltosa, al punto che di molti titoli non si giungerà mai alla pubblicazione.
Molto ricca, come testimoniato dal repertorio delle attività culturali, è invece l'organizzazione di convegni, mostre e giornate di studio, spesso in collaborazione con altri enti culturali, università e istituzioni.
La lunga direzione di Paolo Chiarini termina quasi in concomitanza con la trasformazione dell'Istituto in ente nazionale di ricerca nel 2006 ai sensi dell’art. 1-quinquies della legge 3 febbraio 2006, n. 27 di conversione del decreto legge 5 dicembre 2005, n. 250
Vincenzo Cappelletti, ultimo commissario governativo straordinario, gestisce il passaggio e diventa il primo presidente dell'Istituto dai tempi di Pietro De Francisci, succeduto a Giovanni Gentile dopo le sue dimissioni nel 1937. Verranno dopo di lui Fabrizio Campi, Giorgio Manacorda, Roberta Ascarelli e Luca Crescenzi.
Attualmente l'Istituto continua la sua attività culturale e di ricerca sotto l'egida del Ministero dell'università e della ricerca.
Unità di conservazione
- Unità di conservazione
- buste
- Numero / i
- 1-55